Ancora vivo è il ricordo di uno degli interventi più contestati della Riforma Fornero, ovvero la norma che stabiliva, per il biennio 2012/2013, il blocco della rivalutazione delle pensioni superiori a € 1.405,05 lordi (pari a circa € 1.129,27 netti)[1]. Tale provvedimento aveva di fatto decurtato a titolo definitivo le pensioni di una percentuale non di poco conto, se si considera che ogni pensionato sarebbe stato privato per sempre di una percentuale prossima al 5% del proprio trattamento pensionistico.
Nonostante l’espediente del blocco delle pensioni non fosse certo una novità per il legislatore[2], in questa occasione sono state toccate anche le pensioni basse e non solo quelle elevate come invece è avvenuto in passato. Proprio per questo motivo, con la sentenza n. 70 del 30 aprile 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma in esame, atteso che introdurrebbe un’irragionevole compressione delle erogazioni previdenziali medio-basse discostandosi dalla funzione propria dell’istituto del blocco alle rivalutazioni, che è quello di imporre alle pensioni alte un sacrificio per mantenere in equilibrio il sistema nelle situazioni di contingenza economica sfavorevole, anche nell’ottica solidaristica di cui all’art. 2 Cost.
Tuttavia, immediatamente dopo la sentenza di illegittimità della Consulta, il Governo è nuovamente intervenuto con il D. L. n. 65/2015, con cui ha drasticamente ridotto l’importo che i pensionati possono chiedere in rimborso e, in certi casi, l’ha addirittura escluso del tutto. In ordine a tale nuovo provvedimento molti sono i dubbi di costituzionalità, tant’è che i Tribunali di merito stanno nuovamente deferendo alla Corte la questione[3] e, a tutt’oggi, siamo ancora in attesa di una pronuncia che sancisca o meno l’incostituzionalità anche del D. L. n. 65/2015.Chi può chiedere rimborso?
Tutti i pensionati che nel biennio 2012/2013 hanno percepito una pensione superiore complessivamente a € 1.405,05 lordi (pari a circa € 1.129,27 netti). Per "pensione" si intende il cumulo delle varie prestazioni previdenziali erogate dall’INPS, comprese quella complementare e di reversibilità. Occorre tuttavia che i crediti non siano stati interessati da prescrizione e decadenza (v. oltre).Cosa si può chiedere in rimborso?
Si possono domandare sia gli arretrati dal 1° gennaio 2012, oltre interessi e rivalutazione monetaria, sia l’ aumento mensile per il futuro. Va comunque ribadito che le somme da chiedere in rimborso variano a seconda che rimanga in vigore il D.L. n. 65 del 2015 o venga, come da noi prospettato, dichiarato incostituzionale.Come muoversi per ottenere il rimborso?
Innanzitutto, è d’obbligo procedere a interrompere la prescrizione di 5 anni mediante l’inoltro di una comunicazione scritta all’Ente erogatore INPS. Peraltro, in tale ambito vige altresì un termine di decadenza di 3 anni previsto dall’art. 47 del D.P.R. 30.04.1970 n. 639[4], il quale non può essere interrotto con la comunicazione scritta di rimborso e può essere evitato solo proponendo un’azione giudiziale. Va comunque dato conto anche dell’opinione che tende ad escludere l’applicazione di qualsivoglia termine di decadenza in questa fattispecie (si veda Cass. n. 209/2000; Corte d’Appello di Roma - Sez. Lav. del 28 Marzo 2007).I termini di prescrizione e decadenza iniziano a decorrere dalla scadenza di ciascun rateo pensionistico per il quale non sia stata riconosciuta la perequazione[5]: il tutto a partire dal mese di gennaio del 2012 e così via per ogni mese successivo. Ciò significa che, ad oggi, coloro i quali non abbiano presentato ancora ricorso in via giudiziale, andrebbero incontro alla decadenza dei loro crediti e potrebbero chiedere in rimborso solo la perequazione rateale riferibile ai mesi di novembre e dicembre 2013, atteso che per questi mesi la decadenza triennale maturerebbe rispettivamente nel novembre e nel dicembre 2016. La necessità di prestare attenzione ai termini di prescrizione e decadenza è giustificata dal fatto che le Sentenze della Consulta esplicano la loro efficacia soltanto sui rapporti "ancora pendenti", ma non si applicano ai rapporti ormai esauriti (quali quelli interessati da prescrizione e decadenza), scelta questa ispirata a esigenze di certezza del diritto e dei rapporti giuridici. Va però evidenziato che il sopracitato art. 47 del D.P.R. 639/1970, cosi come modificato nel 2011, ha espressamente stabilito come "Le decadenze previste dai commi che precedono [TRE ANNI] si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte".
Ne consegue che, nei casi in cui l’INPS abbia già riconosciuto il proprio debito o rimborsato in parte il pensionato, è dalla data di tale riconoscimento o dell’avvenuto rimborso parziale che decorrono in termini anzidetti, i quali possono ben essere ancora pendenti.
In ogni caso, l’eventuale ricorso giurisdizionale deve essere presentato:
E’ opportuno corredare il ricorso dei seguenti documenti:
Avv. Enrico Abis Dott.ssa Claudia Canino (Movimento Difesa del Cittadino di Cagliari - Responsabile Sportello Medio-Campidano).